venerdì 27 dicembre 2013

10 CONSIGLI PER PASSARE UN SERENO NATALE

1° NON SORVEGLIATE i bambini affinché rimangano in buona salute perché tanto ritirerete da scuola il piccolo o il grande con il vomito e/o la sciolta due giorni prima delle festività. In tempo perché l'untore lo trasmetta comodamente a tutto il resto della famiglia.
2° Premessa: Quando ero bambina, i regali di Natale si aprivano alla vigilia. Si faceva la cena con gli zii, i cugini, i nonni e poi arrivati in prossimità della mezzanotte si sparecchiava, i regali venivano distribuiti davanti al proprio posto, si faceva il conto alla rovescia e si scatenava l'inferno. Per alcuni minuti si vedevano palle di carta, nastri, biglietti e stelline volare per la stanza. Non si capiva più chi aveva regalato cosa. Il tutto durava fino a mezzanotte e cinque.
Per evitare questo da qualche anno a questa parte la famiglia Battisti ha adottato il sistema "battitura del ceppo" che si usa in alcune zone della Toscana. Funziona così: si benda colui che deve aprire i regalo, gli si dà in mano qualcosa tipo un mestolo, lo si mette davanti ad un ceppo di legno e lo si fa battere mentre qualcun altro recita una filastrocca che fa rima con il regalo che gli è stato fatto. Dopo varie battiture, si mette il regalo sul ceppo che finalmente potrà essere scartato. Il 2° consiglio va da sé. NON BENDATE mai un 6enne ed un 4enne, NON METTETE loro in mano qualsiasi cosa che assomigli ad un mestolo e sopratutto, se doveste adottare questo sistema, NON FATE MAI regali comuni, perché in questo caso i pericoli pubblici sono due insieme. Spiegate bene ai bambini che non si tratta della pentolaccia e che quindi i colpi devono essere rivolti al ceppo e non ai vetri delle finestre, alle teste dei componenti della famiglia o ai lampadari.
3° Il ceppo va insultato. Un esempio: Ceppo, ceppo maledetto dammi qualcosa per andare a letto (se si è regalato un pigiama) oppure Ceppo, ceppo tu vada alla fossa, dammi subito una manciata di ossa (se si è regalato lo scheletro di un dinosauro)
Quindi NON METTETE MAI, dico mai, VOSTRO MARITO a formulare le filastrocche perché appena guarderete la rabbia con cui le dichiara saprete che gli insulti non sono rivolti al ceppo ma sono quelli che lui si è tenuto dentro tutto l'anno e che, da bravo gentiluomo, ha risparmiato per la vigilia di Natale. Non sarà il pezzo di legno che lui guarderà con odio, ma sarà la vostra testa che immaginerà sopra il ceppo. Vi renderete conto che questa tradizione non è stata riproposta per far godere di più lo spacchettamento ai bambini ma per farvi rendere conto della situazione prima dell'arrivo della lettera dell'avvocato.
4° NON DATE MAI CREDITO alle lamentele dei bambini babbo, mamma, dai montiamo i regali! perché i bambini vogliono montarli tutti insieme. Quindi se volete evitare che il dinosauro porti senza troppa disinvoltura i piedi di Iron Man, che dentro la cassaforte del galeone dei PlayMobil ci sia la testa di Max Steel e che dal povero Mario dell'Allegro Chirurgo dobbiate estrarre uno sperone vestigiale del T-Rex, non avete che da seguire il consiglio.
5° PENSATE SEMPRE ALLE CONSEGUENZE dei regali che fate ai bambini. Se, per esempio, mio marito avesse ponderato meglio l'effetto che avrebbe avuto su di lui il regalare ai bambini l'armatura spartana con tanto di elmo, scudo e spade non si sarebbe trovato a fare il gigante ciclope dopo il pranzo di Natale.
6° RISPARMIATEVI LA SECCATURA DI FARE FINTA DI NON SENTIRE, quando aprite il regalo di vostro marito, tanto troverà lo stesso il modo di dirvi quanto ha speso. A costo di farvi trovare lo scontrino sul cuscino con la scusa che se lo vuoi cambiare, lo puoi fare senza problemi!
NON REGALATE MAI a vostro marito un completo che include una sciarpina molto cool, sofisticata, quasi chic. Vi cascheranno anche le mutande nell'osservare che se la sistema ad uso velo da suora, passando poi allo stile pareo prima di dire Mi sa che questa te la metti tu...non mi ci sento. Non ci sono abituato. Cosa che vi siete sentite dire anche appena usciti dalla chiesa, il giorno del vostro matrimonio a proposito della fede nuziale.
8° NON FATE MAI UN PRANZO DI NATALE a casa del familiare che ha lavorato una vita come cuoco. Inizierete a prendere peso solo annusando gli odori. Sarete obbligati a servirvi due volte di tutto perché il cuoco avrà cucinato come minimo per il doppio delle persone, avendo sempre paura che il cibo non basti. Al secondo inizierà a calarvi la palpebra ma sarete costretti ad arrivare fino al panettone per poi impersonare il ciclope per gran parte del pomeriggio.
9° NON METTETE MAI VICINE DUE PERSONE CHE HANNO SUPERATO I 70 perché una volta esauriti gli argomenti del meno male che ci sono i bambini, il Natale si vive meglio quando ci sono loro, se non ci fossero bisognerebbe inventarli...si metteranno a parlare dei morti. Elencheranno tutti quelli che si ricordano tentando di individuare l'anno in cui è avvenuta la dipartita, il motivo e chi li ha pianti per poi passare a parlare delle malattie. Le loro e tutte quelle dell'universo conosciuto.
10° NON METTETE MAI A CONFRONTO UN MARITO TIPO IL MIO CON UN PADRE TIPO IL MIO: ne nascerà una discussione lunga come la quaresima, che riprenderà le redini di tutte le discussioni fatte in passato e in cui farete in tempo a lavarvi e lavare i denti ai bambini, mettervi e mettere a letto i suddetti. Ognuno dei due cercherà di spiegare la propria posizione urlando sempre di più (per non farvi perdere niente anche dalla stanza da letto) senza arrivare a niente. 

Per quello che mi riguarda, passato finalmente il Natale, mi resta un guardaroba nuovo e questa splendida, chiccosissima, fiammante macchina del caffè.

martedì 17 dicembre 2013

CONSIDERAZIONI INTORNO AL GRADINO

Sono più vicina ai 40 che ai 30, si avvicina Natale e io sono ingrassata preventivamente per non dare tutta la colpa al panettone. Con la scusa trascino la mia amica I. a fare la prima lezione di Step approfittando delle due ore che abbiamo a disposizione quando i nostri bambini giocano a calcio.
Lei mi chiede se ce la può fare, è tanto che è ferma, si vergogna di farsi vedere in tuta, che ha preso peso. Io rispondo che Ma certo che ce la puoi fare, ad altre lezioni ho visto gente di 60 anni che se ne sbatte di andare a ritmo, fa movimento, suda e questo gli basta. E poi, dall'altro della mia esperienza, le dico Guarda, anch'io la prima volta che ho fatto un corso, mi sono trovata in difficoltà, nonostante 14 anni di danza. Poi poco per volta, ho imparato i termini, i movimenti, e ora vado come un treno.

Insomma, entriamo in sala. Mi guardo allo specchio e mi vedo certi fianchi a pera nonostante diete e palestra. La mia amica, invece è uno schianto in tuta. Mentre aspettiamo osservo davanti a me: c'è un signore che ha, ad occhio e croce, 50 anni con una bandana in testa, pantaloncini corti e scarpe da ginnastica. Ha certe gambe secche che sembra che abbiano buttato un po' di carne su un mucchietto d'ossa. Mentre l'insegnante sceglie il pezzo, balla senza musica tutto convinto, agitando i pugni stile discoteca. Le ragazze della prima fila, ridono ma non di lui. Si conoscono. Sono già un gruppo. Dietro c'è una signora, poco più vecchia di noi con due chiappe che fanno provincia che chiacchiera con un'altra donna vestita e truccata come una soubrette del Bagaglino. Mi dico, è un po' che non faccio corsi, ma non mi sarò dimenticata proprio tutto...Intanto guardo la mia amica che sembra spaesata: le lancio un'occhiata come per dire Tranqui! Vedi che c'è di tutto? Siamo in ultima fila, se ti stanchi fermati (no, dico, fermaTI come se non avessi neanche preso in considerazione di non farcela), nessuno ti corre dietro.
Nel frattempo attacca il pezzo. UNZ, UNZ, UNZ, UNZ...
L'insegnante, un omone enorme che ricorda vagamente Frankie HI Energy (che sembra aver bisogno di un argano a motore per muovere una massa così), inizia... BASE
Questo lo so. Me lo ricordo. La base è il sali scendi dallo step a ritmo di musica. Si battono anche le mani. Ce la posso fare.
Guardo la mia amica con sorriso energico per trasmetterle sicurezza. Lei non mi guarda perchè è impegnata ad osservare come si muove Luigi, l'insegnante.
Luigi, mentre noi continuiamo con la base fa vedere il ciclo di lavoro successivo. Che in genere sono 4 battute. Lui ne fa vedere 8. 
Io navigo già in un bagno di sudore. Ne aggiunge altri 4, poi si impietosisce e ce le fa rivedere. Le prime 8 poi le altre 4. E io non c'ho capito una mazza neanche la seconda volta. Mi dico Provo a farlo, piano piano capirò la sequenza. No, perchè ne aggiunge altre 8. Con il giro sullo step. Le ragazze in prima fila vanno senza sbagliare neanche un tocco, come fossero ballerine della scala. Il 50enne con la bandana sembra rasentare l'infarto ma va avanti imperterrito, ogni tanto ha anche la forza di incitare gli altri con urla invasate tipo i 300 di Sparta. Io e la mia amica rimaniamo ferme sullo step a cercare di capire da dove possiamo riprendere. Sequenza - base - sequenza - base e poi tutto da capo senza fermarsi. Fin'ora sono riuscita solo a fare la base. Sta finendo la musica, Luigi viene verso di noi, ci domanda se è la prima volta. I. risponde di si. Io dico no, ma con lui si, è la prima volta. Dice con aria rassicurante Non vi arrendete, continuate, fate quello che riuscite e se non ce la fate, fermatevi. E poi va a cambiare musica. Si, l'ho detto anch'io, ma il problema qui non è fare quello che si riesce, è non riuscire a fare niente! Penso che il problema non sia il fiato, ma che lui vada molto più veloce nei movimenti di quanto il mio cervello riesca a percepirli. La mia amica approfitta della distrazione di Luigi per squagliarsela, io rimango. Ormai è una questione di principio. Mentre mi rifocillo, guardo gli altri che non danno segni di cedimento. UNZ, UNZ, UNZ, UNZ...Ovvia, si ricomincia. Base, V, giro a destra sullo step, base, base, giro a cavallo dello step a destra, salto, base, mani, salto sullo step, V, marcia. Oddio. Chiamate il 118. La donna con le chiappone si muove agile come se la sua massa non le pesasse affatto, io con queste culo secco riesco solo a fare i movimenti (e neanche tutti) 10 secondi dopo gli altri. La soubrette con la sua fascia fucsia riesce anche a sorridere. Si vede che lei è una professionista dello step: nonostante il sudore ha il trucco intatto. Una primina del gradino come me (ma più giovane), si siede disperata, un'altra esce fischiettando. La prima fila non ha neanche il fiatone, io sono in piedi sullo step con le mani appoggiate alle ginocchia cercando di non morire e tirandomi pizzicotti ai polpacci per capire se sento ancora le gambe. Guardo la mia amica che corre sul tapis roulant, lei mi ricambia sorridendo come dire Vedi? Sei stata punita! e io penso che con tutta probabilità se trovassi Luigi nel parcheggio lo metterei sotto con la macchina. Poi lui viene verso di me e mi dice la frase storica della lezione Tu oggi non ti sei arresa, tu oggi hai vinto! Mentre annuisco penso che è una fortuna che Luigi abbia un altro corso l'ora dopo, perchè ora ho la certezza che se potessi, lo ucciderei. Riparte l'ultima sessione della lezione  UNZ, UNZ, UNZ, UNZ... altro giro altro regalo. Stavolta c'è il finale di cui non solo non riesco a fare le sequenze ma non riesco neanche a vederle talmente sono veloci. Ci provo: devo ricordarmi di respirare, non devo sbagliare lato se no vado a sbattere contro la chiappona. La tizia primina mi guarda in trance e mi accorgo di essere ferma, bocca aperta, con una espressione mista tra l'ammirazione per il corpo di ballo e lo shock. Mancano 10 minuti alla fine della lezione, rimetto a posto lo step, saluto Luigi pensando Quando esci di qui guardati alle spalle. Lui, continuando a muoversi intorno e sopra il gradino, mi alza il pollice. Io gli alzerei il medio ma non lo faccio per educazione.
Uscita dalla sala trovo una tizia che ha attaccato bottone con la mia amica e sta cantando lodi sperticate all'insegnante e nel frattempo ci dice come non dobbiamo arrenderci, di continuare, di tornare. Io le dico E' frustrante, lei mi dice Se vieni a tutte le lezioni ti do tempo 3 mesi e vedrai che riuscirai a stargli dietro. Io penso 3 MESI? No, dico, ma parli sul serio? Tu vuoi vedermi morta? Ho quasi 40 anni!
Insomma, Step non è il mio corso. O almeno non con Luigi. Il gradino a casa ce l'ho, ho quattro rampe di scale. Quando tornerò a sentire le mie gambe e riuscirò ad alzarmi da questa sedia, proverò la Zumba.

Concludo con 3 considerazioni che posso fare con cognizione di causa:

  • L'età non è fisica ma mentale e io, ora come ora, mi sento un' 80enne. 
  • Gli specchi delle palestre ingrassano: più lontano stai, più allargano.
  • Se avrò un altro figlio maschio non lo chiamerò Luigi.
























giovedì 12 dicembre 2013

C'ERA UNA VOLTA...

"A mille ce n'è nel mio cuore di fiabe da narrar (da narrar),
venite con me nel mio mondo fatato per sognar (per sognar),
non serve l'ombrello il cappottino rosso, la cartella bella per venir con me,
basta un po' di fantasia e di bontà...e di bontà..."


C'era una volta, bambini, un bellissimo principe di nome Lucas dal fisico scultoreo e gli occhi color nocciola. Arguto, intelligente, molto molto colto, garbato e generoso, questo principe dalla portentosa memoria, amava scrivere novelle, molto belle in verità... qualcuno vociferava addirittura che fosse uno scrittore rilegato e citato. La sua vita procedeva serena a corte ma al principe mancava qualcosa.
Un giorno, passeggiando per le strade del suo paese, intravide una ragazza molto attraente (pur non portando tacchi alti) e di rara bellezza. La fanciulla aveva degli incantevoli occhi verdi, un corpo armonioso (a giudicare a prima vista poteva avere un 90 - 60 - 90 ma non prendetelo per certo), movimenti aggraziati e degli splendidi e lunghi capelli neri. Non era granché perspicace ma d'altra parte non potevano farla bella e intelligente (Almeno una delle due, però... soleva burlarla lui, non appena presa un po' di confidenza).
Insomma, il principe Lucas s'innamorò perdutamente e fece di tutto per conquistare la bella (e procace) fanciulla che, scoprì in seguito, si chiamava Raphaelle: le scrisse lunghissime lettere d'amore piene di romanticismo, in cui le riportava poesie di scrittori d'Oltralpe (lei non le capiva ma annuiva con aria sognante, mentre lui gliele leggeva) e gliene scriveva di suo pugno. La ragazza (seducente e fascinosa), non potette resistere a cotanta perseveranza, s'infiammò per il suo principe e gli concedette la mano anche se lui non gliel'aveva chiesta. 
Si sposarono tra grandi sfarzi e vissero felici e contenti nel loro castello di 4 vani più bagno. Lei gli fu fedele e devota, stregata dalle sue dolci parole gli fu amante appassionata. Fecero anche due figlioli di nome Giacopus e Peter, amorevoli, educati, intelligenti...No. Quelli erano Hansel e Gretel. Comunque erano bellissimi, avendo come genitrice l'incantevole Raphaelle.

Finché, bambini, un giorno successe una cosa imprevedibile: forse a seguito di grosse preoccupazioni, il principe perse la sua portentosa memoria e si dimenticò di tutti gli ardenti sentimenti che la moglie (sempre graziosa, d'altra parte...sembrava rifiorire pur con il passare degli anni) provava. Addirittura, pensate, insinuò che la bella moglie l'avesse tradito con il menestrello di corte, tale Bobo Rondellis. Lei gli disse in tutta onestà che non era mai successo niente con lui. Mi garberebbe vederti se te lo trovassi nel letto! alluse lui Non lo caccerei di certo, poverino! disse lei, garbata D'altra parte si è dormito tante volte con due figlioli e stringendosi un po' in tre ci si può stare! affermò Ma veroiddio, non lo toccherei neanche con un bastone! garantì risoluta facendo giurin giurello. Lui, non convinto, continuò a insinuare che lei non lo amava più, anzi forse non l'aveva mai amato!
Raphaelle non si afflisse e armatasi della sua riconosciuta serenità e del suo proverbiale ottimismo, decise che se in gioventù era stato il suo principe ad incantarla, ora toccava a lei riconquistare Lucas. Pensò, meditò a lungo poi trovò un'idea: fece stampare una gigantografia con i loro visi innamorati, la incartò e l'appese sopra il letto (assicurandosi prima che il menestrello di cui sopra, non riposasse tra le coltri). La reazione non si fece attendere ma purtroppo non fu quella che la leggiadra Raphaelle si aspettava: dopo qualche ora il principe trafelato e terrorizzato declamò rivolto alla moglie L'hai appeso tu quell'affare impacchettato sopra il letto? Se non l'hai appeso tu io esco, chiudo casa e butto le chiavi! Oddio...i fantasmi sono venuti a prendermi...
Ma certo! Esclamò la moglie E' un regalo per te! Aprilo e vedrai...
La replica non tardò: Mi inquieta disse lui Preferivo quello che c'era prima...
La venere Raphaelle ci provò nuovamente, raccogliendo tutte le foto che ritraevano la coppia nei loro momenti più felici e raggianti e mostrandole a tutto il paese accompagnate da una canzone che il menestrello aveva scritto appositamente per loro. Ma la risposta del principe non fu soddisfacente: Io sono l'ultima ruota del carro! L'hai fatto per i figlioli, l'hai fatto per i cugini, per le amiche, per il cane, il gatto e lo scoiattolo...Ora non vale più! disse snobbando il gesto.
Neanche questo tentativo era andato a buon fine. La bella moglie non si arrese, però, e intentò un'ultima prova.
Si avvicinava il compleanno del suo bel principe e prendendo spunto da un consiglio che tale Roccus Siffredis, (consulente esperto che il marito ammirava per doti indubbie nascoste e non) aveva dato a un marito deciso a riconquistare la moglie, concluse che avrebbe ribadito davanti al mondo il suo amore per lui.
Scrisse allora di quanto lo amava, di quanto lo stimava, di quanto lo trovava attraente. Gli scrisse che non sapeva come avrebbe fatto a vivere senza di lui, che lui, e ne era sicura, era la sua metà della mela e il suddetto menestrello non era degno neanche di fare la parte del verme (per quanto sarebbe stato un gran bel verme!). Gli scrisse che, se anche non riusciva a dimostrarglielo come lui voleva, lui era il suo pilastro, la sua ancora, il suo canotto di salvataggio. Era il coperchio per la sua pentola, l'olio nuovo sopra il pane caldo, la nota dolce nella canzone più romantica. Era per lei come l'osso per il cane o il cane per la pulce. Lo amava come non aveva mai amato nessuno.

Ti amo disse lei (più forte intimò Roccus)
Ti amo ripetè (più forte, più forte)
TI AMOOOOO! 


- Mamma, come finisce questa storia?
- Non lo so, forse lo scopriremo stasera.
- Ma è la storia vera tua e del babbo?
- Qualcosa di vero c'è!
- Per esempio?
- ...Per esempio che la mamma è bellissima, che le sue misure sono 90-60-90 (anche se non necessariamente in quest'ordine), che è ancora tanto innamorata del babbo, che non sa come ha fatto a meritarsi un compagno così bello, simpatico, dolce e...
- ...Pietro vieni a farmi compagnia in bagno che devo andare a fare la cacca. 


"Finisce così, questa favola breve se ne va (se ne va)
il disco fa click e vedrete tra un po' si fermerà (fermerà)
Ma aspettate e un'altra ne avrete
C'era una volta il cantafiabe dirà, e un'altra favola comincerà"



P.S. Auguri amore mio!

martedì 3 dicembre 2013

AL MIO PICCOLO GRANDE COMBATTENTE

A te che sei stato tanto desiderato dalla tua mamma e dal tuo babbo, che ha pensato Ora finalmente ci si diverte un po', e invece si è divertito poco perché sei arrivato subito...

A te che quando la dott.ssa entrando in camera mi ha detto Complimenti sig.ra, un bambino bellissimo, m'hai fatto aprire le penne come un pavone anche se all'epoca sembravo più un tacchino. Grassa, grigia e con l'unica abilità a fare voli corti e goffi. 

A te che in ospedale non hai mai pianto e hai aspettato di essere messo nell'ovetto (un puffo col viso a luna piena su una poltrona verde pisello) per far sentire la tua voce in tutto il suo furore perché avevi fame. Da lì avrei dovuto capire che avresti comandato tu in famiglia, volente o nolente...

A te che hai aspettato di arrivare a casa e di essere appoggiato sul lettone per fare una cacca lunga, gialla e rumorosa finché tuo babbo non ha detto Per favore portiamolo indietro e prendiamone un altro pulito...

A te che sei stato l'inventore del letto a 2 piazze e 1/2 e non si sa come mai ti lasciavo nel lettino e ti ritrovavo in mezzo a dormire beato con i pugnetti all'insù. E abbiamo avuto da fare per spodestarti e riprenderci il nostro spazio...

A te che per rilassarti mi toccavi i lobi delle orecchie. Sei andato avanti per ore e ore fino a che non me li hai finiti. Ricordo quel periodo con orrore.

A te che mi dai pochi baci e men che meno abbracci ma quando li dai hanno più valore. Che sei combattivo e irritante ma alla fine sei come me: d'altra parte non potevamo farti perfetto. Il fascino l'hai preso da tuo babbo, qualche difetto da me non siamo riusciti a risparmiartelo.

A te che guardi Lo squalo, Sharknado, Jurassik Parck e Sharkopus fingendo coraggio che tanto sai che sono cose finte poi, però, ogni bischerata che ti racconta tuo babbo finisce sempre in un E' vero, mamma?

A te che vuoi sempre primeggiare in tutto e vincere, a te che ricominci una partita quando la vince qualcun altro affermando che Non è valido! cambiando le regole in corsa, a te che ti fai fregare da tuo babbo (che è peggio di te ma si giustifica dicendo che Prima o poi lo deve capire che non può sempre vincere) che ti passa L'Asino come vuole e non c'è bambino che tenga, con lui. Ma poi, all'affermazione Sei peggio di Jacopo, alza le mani e insinua che da lui non hai preso niente, forse solo la bellezza...

A te che senza le tue uscite questo blog non avrebbe senso di esistere.

A te, mio piccolo grande uomo dedico questi pensieri, che quando sarai più grande e scoprirai che ogni cosa che dici o che fai finisce in rete, mi denuncerai facendomi finire in manette. Ma per ora è l'unico modo che ho per dire che ti amo tanto. Auguri amore.

martedì 26 novembre 2013

MIRACOLI

Ieri è successa una cosa incredibile. Stupefacente. Un miracolo.

  • Più sorprendente di un caffè portato a letto la domenica mattina.
  • Più piacevole di un massaggio alla schiena fatto ammodino. (Il massaggiatore non deve essere necessariamente thailandese).
  • Più miracoloso di una vincita al Superenalotto, senza giocare.
  • Più emozionante di un film lacrimoso, di quelli che dopo ti tocca dire che hai l'allergia perché hai pianto come un vitello.
  • Più impensato di un complimento fatto da chi non avresti mai detto.
  • Più surreale di una cena a base di crostacei con i tre uomini della mia vita: mio marito, Bobo Rondelli e Christian Bale. Non necessariamente vestito da Batman.
  • Più soddisfacente di una bella bevuta quando hai sete, di una bella mangiata quando hai fame, di una bella grattata quando l'elastico delle calze stringe troppo.
  • Più singolare di un'oca selvatica sul davanzale di una finestra. O di mio marito che piega i suoi vestiti invece che appallottolarli. O dei miei figli che dicono si al primo colpo.
  • Più sconcertante di una giornata passata senza che debba innervosirmi per qualcosa.
  • Un po' meno incredibile di me che, girando velocemente, mi trasformo in Wonder Woman.


JACOPO MI HA CHIESTO SCUSA

No. Non so se è chiaro. Lo ripeto nel caso non sia stato recepito per bene. 

JACOPO MI HA CHIESTO SCUSA: ma non quelle scuse tipo scusa, ti ho pestato il piede, o scusa, mi passi l'acqua? oppure ...e però ce l'avevo io Capitan America, scusa...
Sto parlando di vere, sentite e meditate scuse. Penso che sia la prima volta in 6 anni da quando la creatura è stata messa al mondo.

In casa mia si usano tre tipi di scuse: io e Jacopo utilizziamo le intercalascuse. In quanto polemici e battaglieri siamo sempre convinti di essere nel giusto quindi usiamo il termine al posto di cioè o voglio dire o niente. Pietro (più piccino, gracile, capello rosso, occhi d'angelo e fossette equivalente al Io non ho fatto niente, ero nell'altra stanza!) in genere è la causa scatenante, il principio primo delle risse per cui spesso succede così: Pietro istiga, Jacopo gliele dà per benino, io becco Jacopo e lo costringo a chiedere scusa. Chiamasi scuse intimidatorie. Esistono poi le scuse irreperibili: è il caso di mio marito Luca che non chiede mai scusa, anche perché è noto che lui ha SEMPRE ragione.

Insomma, ieri è successo che Jacopo forte del sostegno del suo amichetto, mi ha detto sfrontato Se mi dai ancora quei biscotti al cioccolato per merenda te li spiaccico in faccia! Tramortita (ed è difficile tramortire una come me) da tanta arroganza, l'ho solo guardato con l'occhio da Bambi quando scopre che la mamma è stata uccisa dal cacciatore. Io, che gli stavo pulendo le scarpe di calcio sotto l'acqua gelida, sono rimasta immobile per 10 secondi, dopo di che incredula sono tornata a fare quello che stavo facendo. E forse questa è stata la mia fortuna perché il teppistello ha capito di aver esagerato, stavolta.
Passa il pomeriggio, la cena e viene l'ora di andare a letto; bacio, buonanotte e a domani. Dopo 10 minuti, Jacopo torna con le lacrime agli occhi, mi abbraccia e mi chiede SCUSA. 
Per cosa, amore? 
Per quello che ti ho detto prima...

E' proprio vero, le scuse sono come i ti amo: se se ne abusa, se ne perde il significato reale e diventano parole come altre. 
Comunque ieri sera sono andata a letto conscia che mio figlio è cresciuto un po' e ha colorato un gradino della scala secondo cui, personalmente, giudico un uomo. Ha colorato il gradino della sensibilità. Bravo cocco!

martedì 19 novembre 2013

JACOPO E DIO. LA RELIGIONE DAL PUNTO DI VISTA DEL MIO BAMBINO

Recentemente ci siamo trovati ad affrontare nuovamente il discorso della morte, che di per sé non è un discorso allegro a meno che non sia Halloween. Se poi lo si affronta con un bambino contestatore com'è Jacopo c'è da stare attenti alla propria salute mentale.
Dicevo...l'annuncio della dipartita di una persona (che il bimbo peraltro neanche conosceva) dopo una lunga malattia l'ha sconvolto: a tavola ha intimato suo babbo di trovare la cura per questa malattia, e anche presto. A nulla è valso ricordare al bambino che suo babbo fa le fotocopie in biblioteca. Tra le lacrime di rabbia Jacopo continuava a osservare Ma babbo tu sai un monte di cose...
La fine della discussione è stata decretata dalla frase: Non è giusto che Dio fa morire tutti e lui invece continua a vivere, frase già considerata più volte e sancita tra minacce di accoltellamento a Dio e torture varie al fine di far concedere a tutto il genere umano, l'immortalità.
E' chiaro, a questo punto, che mio figlio ha visto troppi film d'azione. 

Sebbene non si sia molto religiosi, io e mio marito ci siamo sposati in chiesa, abbiamo battezzato i nostri figli e sia Jacopo che Pietro frequentano l'ora di religione a scuola. La nostra idea era di dargli un'impostazione non troppo inflessibile che poi potessero, da adulti, decidere se mantenere o lasciare. 
Ci era oscuro, all'epoca di questa decisione, che avremmo avuto un figliolo pungente e polemico anche con l'Altissimo. 
E che avrei dovuto intercedere presso l'Onnipotente, più volte di quante immaginassi, per invitare i suddetto a non fare caso alle cose che spara il bimbino, che dice un sacco di bischerate e che: no, non le ha sentite da noi, è tutta farina del suo sacco!

Alcune sono anche carine tipo l'altro giorno che voleva portare il Creatore a giocare a calcio con lui, ma non per fare goal. Così, da stare in panchina a guardarlo. Babbo, Dio è dappertutto, vero? E' anche in questa bottiglia, vero? Quindi posso portarLo all'allenamento di calcio per guardarmi, vero?
O quando (prima che il suo mondo fosse tutto incentrato sul calcio) ci chiedeva ma è più forte il leone o la tigre? fino ad arrivare al è più forte Dio o lo squalo toro? immaginandosi l'Eterno con una bella tuta da supereroe...

C'è da chiedersi, però, che cosa medita il suo cervellino quando viaggia a cento all'ora perché, mentre certi argomenti una volta fatta la domanda e ottenuto una risposta vengono sistemati in un cassettino della memoria e lasciati lì ad invecchiare, l'argomento Dio, Gesù, Giuseppe (Beppe come Jacopo lo chiamava da piccino) e la Madonna sono ricorrenti. Ogni tanto, quando nessuno se lo aspetta tornano fuori. Come l'aglio della bagna cauda. 
E lasciano spiazzati non solo noi, ma anche chi per mestiere dovrebbe saper rispondere alle divine domande.
Come quando, trovandoci a mangiare nello stesso locale dove stava serenamente cenando anche il prete che ci ha sposati, Jacopo lo avvista, si alza, gli batte con la mano sulla spalla e gli dice Don Francesco, a me non mi torna che tutti muoiono, anche i bambini, anche i genitori e Dio vive per sempre!
Il povero Don Francesco col boccone in bocca e la pizza in mano, finisce di masticare (lentamente, per prendere tempo) e gli dice Ma no, ma no, nessuno muore perché chi crede in Dio risorge e vive per sempre!
Sieee, gli risponde lui, e allora i cimiteri a che cosa servono?
Don Francesco lo guarda, ci guarda. Noi lo guardiamo impotenti con l'espressione del scusa, non abbiamo fatto in tempo a fermarlo e ora son cazzi!
Il cimitero serve a seppellire il corpo ma l'anima vive per sempre...gli dice il prete con voce cauta. Silenzio. Quindi vorresti dirmi che mio zio Paolo* è ancora vivo, vero? gli risponde il bimbo sospettoso e diffidente.
La conversazione finisce con Don Francesco che ci dice Intelligente il bambino pensando fatelo vedere da uno bravo, però, che a 5 anni non ci si può fare 'ste seghe mentali!

In conclusione, visto che nessuno è in grado di rispondere alle celesti domande, e che a Jacopo forse non interessano neanche le nostre opinioni, mi piace che mio figlio continui a credere a Babbo Natale, alla fata Dentolina, che immagini Dio come il più forte dei Supereroi e il paradiso come un immenso campo di calcio dove tutti giocano contro tutti e la partita finisce con un grande pic-nic con panini al prosciutto e mortadella!
Spero solo che l'Eterna partita la giochi il più tardi possibile.


*nota: Paolo fratello del nonno di Jacopo e zio di Luca scomparso 2 anni fa


martedì 12 novembre 2013

COSA PENSO QUANDO PARLO DI CALCIO

Per me:
  • Quando in famiglia si parla di calcio, mi eclisso, le mie sinapsi si rilassano e il mio cervello è come un piccolo appezzamento di prato verde in cui pascolano un paio di mucche.
  • Gomez è solo il marito di Morticia Addams anche se visto a torso nudo, Mario ha il suo perchè. Anche senza i baffetti.
  • Calcio d'angolo, punizione e fuori gioco hanno un solo significato: far volare fuori dalla finestra un gioco (sul mio balcone) per punire uno dei miei due figlioli per aver dato un calcio all'altro a conclusione di una litigata.
  • Le uniche regole del calcio che conosco sono che ci sono due squadre avversarie composte da 11 giocatori (se sia compreso anche il portiere è ancora da appurare) che devono tirare una palla nella porta della squadra rivale. Quale che sia la porta dell'una o dell'altra squadra mi è oscuro. Per rendere più difficile l'apprendimento, le porte cambiano tra un tempo e l'altro. Al che, le mucche nel mio cervello ricominciano a brucare.
  • Coppa Italia, Coppa dei Campioni, Coppa UEFA, Coppa delle Coppe sono solo oggetti un po' kitsch da spolverare. Dove vengano conservate le Coppe vinte dalle varie squadre non mi è noto: non mi interessa, basta che non le debba spolverare io.
  • La mia fede per la squadra viola riconosce attualmente i seguenti personaggi: Prandelli, Montella, Luca Toni, Mario Gomez. Questo la dice lunga sui criteri da me utilizzati per giudicare un giocatore o un allenatore. Se mio figlio mi chiede Chi preferisci tra Tizio e Caio? io rispondo sempre Gomez che così non sbaglio.
  • Sono inguardabili le divise specialmente le tute: mi ricordano tanto quelle che andavano di moda negli anni 80. Ne avevo una, che mia mamma conserva gelosamente in un cassetto in mansarda, in acetato verde acido. Quella che si è fatta regalare Pietro per il compleanno cambia solo nel colore.
  • Come diceva la mia povera nonna, è assurdo che con tutti i soldi che hanno i calciatori debbano litigare per una palla quando potrebbero comprarne una per uno.
  • Fanno ridere quelli che si lamentano (giustamente) dei politici che rubano i soldi a noi cittadini ma il calcio non si tocca. Sul fatto che Gomez, Totti, Buffon o Palacio guadagnino uno stonfo all'anno, non hanno niente da dire perchè tanto quei soldi sono tutti meritati!
  • Trovo francamente insopportabili quelli che: "Come ti chiami?" "Raffaella" "Ah! Come la Carrà! E di dove sei?" "Di Torino" "Quindi sei della Juve!". No. Non. Sono. Della. Juve. Non capisco niente di calcio ma l'antipatia nei confronti di quella squadra mi seguirà fin nella tomba.

Detto questo, Jacopo da una settimana va a fare la prova di calcio. Alla fine ho dovuto cedere mettendo da parte il mio disinteresse per questo sport e il mio egoismo. Dovevo immaginare che prima o poi sarebbe successo. Il primo sospetto avrebbe dovuto venirmi quando la famiglia Battisti (babbo, nonno e zio) hanno iniziato a regalare al bimbo palle di tutte le misure e di tutti i materiali. A nulla è valso ritirare di nascosto le suddette palle in posti diversi nella casa. Ne spuntava fuori una nuova, sicuramente più adatta a giocare in sala.
Il secondo sospetto avrebbe dovuto venirmi quando mio marito è arrivato tutto fiero a dirmi "Senti tuo figlio cosa dice?". Il mio sorriso affettuoso si è congelato a sentire Jacopo (due anni appena) berciare Forza Fiore, Juve merda!
Ma io sono dura di comprendonio. Non ho colto i messaggi. 
Quando la mia amica I. mi ha detto che suo figlio G. (migliore amico di Jacopo dai tempi della materna) si era iscritto alla scuola di calcio, mi sono vista tutto d'un tratto come ero ieri pomeriggio: fuori, al freddo, sotto la pioggia ad accompagnare e aspettare il bimbo a calcio.
Devo dire che vederlo felice giocare con il suo K-Way viola, i pantaloncini e i calzettoni mi tira un po' su il morale. Devo solo superare l'idea che gli verrà la broncopolmonite, il cagotto o la febbre a 40 e poi è fatta.
Quello che non mi andrà mai giù è che mio figlio riesce a camminare sui tacchetti e io no!

mercoledì 6 novembre 2013

CHI NON LA FA IN COMPAGNIA O E' UN LADRO O E' PIETRO!

La si può chiamare in tanti modi. Dal più scientifico feci, al più infantile popò, passando da sterco, a escremento o dal più volgare merda. Ma la cacca la fanno tutti: Brad Pitt, la sua bellissima moglie Angelina, la regina d'Inghilterra, la ex first lady francese Carla Bruni, il mio temutissimo ex professore di filosofia. Insomma tutti.
C'è chi la fa leggendo un giornale, chi la fa fumando una sigaretta per coprire l'odore, c'è chi non ha bisogno della cicca perché i suoi funzionalissimi villi intestinali gliela fanno fare inodore. C'è chi suona la chitarra o ne approfitta per mangiare un panino. C'è chi si spoglia integralmente prima di sedersi sul wc o chi non si sveste affatto e la fa nel pannolone. C'è chi è costretto a farla con i figli intorno anche se vorrebbe avere un attimo di privacy almeno sulla tazza e c'è chi per farla ha bisogno di compagnia. Questo è il caso del mio figliolo grande, Jacopo.

La scena che si svolge, più o meno tutte le sere è questa: dopo cena i bambini per allietarci la serata si alzano da tavola, portano i giochi in cucina e iniziano a fare caos affinché non si riesca a sentire quello che passa la televisione o ci impedisca di scambiare giusto due parole.
Ad un certo punto Jacopo si eclissa, si nasconde in un angolo e s'infila la mano nei calzoni, tra le meline. Lui dice che gli è necessario per spingere la cacca indietro.
Quello è il segnale. Se Pietro è seduto a tavola o più facilmente sotto la tavola e lo vede, capisce. Sa che da lì ad un minuto gli toccherà sentire la frase Pietro vieni a farmi compagnia?
Se il concetto è sempre quello, l'asserzione può essere imperativa: Pietro, accompagnami in bagno. Senza se e senza ma. Non è previsto un rifiuto.
Oppure minacciosa: Pietro se non mi accompagni in bagno (poi segue un ti prendo il tale gioco, o dico alla mamma la tale cosa, o non ti faccio giocare a...).
O prevede un patto: Se vieni con me, dopo ti do quella cosa (che può essere un Fruttolo o un gioco)

Se Pietro dice che non ne ha voglia, Jacopo inizia a piagnucolare (sempre con la mano tra le meline) che Non è giusto, io ti accompagno sempre (cosa chiaramente non vera, perché tra i pregi di Pietro c'è che lui va, si siede, produce e grida Fatto! nel giro di 30 secondi netti senza bisogno di grandi corteggiamenti). E' comunque successo solo una volta, che il rosso non avesse voglia di accompagnarlo.
Più spesso li si vede uscire dalla cucina abbracciati o per mano diretti verso il bagno.
A volte è capitato anche che, facendosi lunga la discussione se andare o no, Jacopo sia stato costretto a correre con Pietro a ruota. 

Sarei curiosa di sapere cosa si dicono i due bambini, perché mi è successo di passare davanti alla porta del gabinetto e vedere Pietro che gioca in silenzio con il suo spazzolino di Ben 10 e Jacopo aggrappato al lavandino, tutto rosso in viso e le vene del collo come corde a partorire uno stronzo da guinnes.
Mi sono anche sentita dire Lasciami solo e chiudi la porta!

Questo, chiaramente, succede quando ancora i grandi sono a tavola quindi allo strillo Fatto! parte un gioco di sguardi tra me e mio marito per capire a chi tocca andare a pulire. Tocca a chi non ha niente nel piatto, oppure ha qualcosa che non si raffredda. Quasi sempre a mio marito, devo dire. 
Spesso e volentieri mentre il genitore fortunato fa il bidè al bambino cacato, l'altro ne approfitta e si siede: 30 secondi, giusto il tempo di asciugare il grande che c'è da lavare anche il piccolo. Un solo sciacquone e via.

Sia io che mio marito siamo stati sempre piuttosto pudici sulla questione ma questo non ci ha impedito, in sede di procreazione, di inserire nel DNA dei nostri figli un sensore che permette loro di captare quando la porta del bagno viene chiusa a chiave e di venire a bussare con una scusa qualsiasi. Si passa dal Mi scappa la pipì forte o Se non mi tiri giù il galeone dei Playmobil ora, muoio, o Devo farti assolutamente vedere questo disegno.

Guccini diceva  Ovvio, il medico dice "sei depresso", nemmeno dentro il cesso possiedo un mio momento. Mai frase fu più azzeccata per concludere questo inutile discorso garantendo che Pietro è l'unico in famiglia che riesce a svolgere i suoi bisogni corporali, in solitudine. Beato lui.

Mentre canticchio la canzone, medito se sia il caso di rivedere la mia posizione su quale sia la stanza più vissuta della mia casa...

lunedì 28 ottobre 2013

L'USCITA DA SCUOLA: MATERIALE UMANO E ALTRE CONSIDERAZIONI

Partendo dal presupposto che entrare e uscire della scuola elementare Bargellini, non è tra gli eventi più agevoli nella giornata tipo di una famiglia media, l'osservazione in questi due mesi mi ha permesso di studiare le varie tipologie umane che vengono a portare e sopratutto a prendere i bambini.
La scuola è grande, ci sono tanti studenti (in media 25 bambini, con due sezioni per classe, quindi stando stretti 250 alunni) e i genitori devono aspettare che i bambini scendano divisi per classe con le loro maestre. Le insegnanti devono, compito aimè arduo, tenere a bada i ragazzi, individuare i genitori (o chi per loro) di ciascuno, lanciare un bimbo verso il proprio destino e passare al prossimo. Per agevolare l'uscita, già difficoltosa per le motivazione di cui sopra, le prime e le seconde classi escono da una porta, le terze da un'altra, quarte e quinte da un'altra ancora. I genitori devono fare un corridoio per facilitare l'uscita degli studenti, cosa che succede nel 3% delle volte.
Spiegata la situazione, posso partire a illustrare la classificazione degli elementi, di cui anch'io faccio parte, che ho modo di osservare tutti i giorni:

TIPOLOGIA 1. le anticipatarie: arrivano mezz'ora prima della campanella e si mettono in pole position. Le si riconosce per lo sguardo intimidatorio che vuole informare di non provare a superarle perché c'è il rischio che ti spezzino un arto a scelta. In genere hanno le braccia conserte o si appoggiano direttamente all'infisso della porta così da non dare a pensare che sarebbero disposte a cedere il posto, posto che difendono con le unghie e con i denti.

TIPOLOGIA 2. le ritardatarie: arrivano sempre trafelate affrontando ardue prove per giungere al cortile della scuola. A volte presentano le ascelle pezzate, a volte invece si presentano tutte profumate e ingioiellate. Le ritardatarie agiscono per lo più in due modi: o temporeggiano allungando il collo per vedere se intravedono quale classe sta uscendo e aspettano timide che qualcuno impietosito dia loro qualche notizia; oppure si fanno spazio a spallate o a borsettate fino ad arrivare al cordone delle anticipatarie. Oltre non riescono ad arrivare.

TIPOLOGIA 3. le sportive: ovvero le mamme che accompagnano i figli ai rispettivi sport. Si riconoscono perchè almeno due volte alla settimana oltre la loro borsetta, si caricano in groppa anche il borsone della palestra del maschietto o la borsa di danza della bambina. In genere hanno fretta perchè la lezione inizia 10 minuti fa e abitualmente si nota che la folla si divide come le acque di Mosè per far passare queste mamme, che diversamente travolgerebbero tutti con i borsoni.

TIPOLOGIA 4. i familiari: spesso sono nonni ma sono presenti anche baby-sitter, fratelli o sorelle più grandi, zie o amici dei genitori. Tutti i sopra citati sono riconoscibili per segni distintivi molto espliciti. I nonni sono di due tipi: quelli spaesati che non hanno il coraggio di avventurarsi tra la folla e aspettano il diradarsi della calca in attesa che sia il nipote a trovare lui/lei; oppure quelli predatori ossia quelli che dietro le fattezze da nonnino/a da fiaba nascondono un lottatore di sumo e riescono sempre ad arrivare davanti alla porta di uscita superando anche l'anticipatario che si fa impietosire da quell'aria fragile del progenitore. Ho visto nonne cinesi conquistare terreno mettendo piede sul suolo della scuola. I fratelli o sorelle più grandi si individuano fuori dai cancelli della scuola, seduti su qualche gradino. Hanno sempre in mano un cellulare e litigano chattando con il fidanzato/a di turno. Zie, baby-sitter e amici dei genitori, risultano spesso disorientati e in attesa del bambino da ritirare, pensano che in quella scuola i loro figli non ci metteranno mai piede. Si riconoscono anche dalla frase che sono soliti dire, tenendo stretto lo studente per il braccio, boia, ma è sempre così, l'uscita?

TIPOLOGIA 5. le ansiose: i bambini di questa tipologia hanno abitualmente un problema diverso ogni giorno, per cui è vitale e indispensabile per il bene dell'alunno che ogni giorno il genitore debba parlare con la maestra.

TIPOLOGIA 6. le sbarratrici: tra le tipologie peggiori, si fanno strada abbattendo chiunque si trovi sul percorso e fanno tappo ostruendo vista e passaggio. Spesso si tratta di mamme straniere che non capiscono l'italiano o fanno finta di non sentire gli improperi che il corridoio umano lancia alle loro spalle. Ho visto reazioni di menefreghismo e indifferenza anche di fronte all'urlo togliti budello!

TIPOLOGIA 7. i babbi: in genere aspettano in fondo. Alcuni sono perfettamente visibili per altezza anche da dietro i cancelli. Alcuni hanno stabilito con i figli una sorta di richiamo a ultrasuoni al quale rispondono, nonostante il caos primordiale che regna nel cortile. Pare che anche le maestre sentano il richiamo (una sorta di fischio leggerissimo) e scaraventino il bambino verso l'uscita, certe che andrà in buone mani.

TIPOLOGIA 8. le polemiche: iniziano sempre una conversazione con l'incipit noma vogliamo parlare di...
Ne hanno per tutti: le maestre, la struttura, i genitori, il preside, l'orario, i compiti, i voti. Spesso e volentieri, parlando, mettono le pulci nell'orecchio di altre mamme che, recuperati i figlioli li interrogano sulla questione e ci perdono il sonno fino a scoprire che forse, era solo un'idea del genitore polemico. Fa parte del genitore polemico anche la mamma chioccia che protegge il figlio a costo della sua vita: se prende un brutto voto è colpa della maestra, se prende una nota è colpa di qualche compagno, se dà un cazzotto ad un altro studente è lui che, accidentalmente, è caduto sul suo pugno.

TIPOLOGIA 9. le primine: sono le mamme dei bambini che hanno iniziato la prima elementare e si dividono in 3 sottocategorie. 

  • Quelle che una volta preso il figliolo non ce n'è per nessuno: si caricano lo zaino in spalla, tolgono il grembiule al bambino, lo sfamano e lo dissetano con la merenda, gli chiedono come è andata la giornata, se ha preso voti, magari gli danno anche una pettinata. Il tutto ferme in mezzo al corridoio umano; gl'importa una sega a loro, tanto il bambino l'hanno preso. 
  • Quelle che stanno buone buone, spalle al muro, allungando il collo ogni tanto per vedere quale sezione sta uscendo. In genere la sezione che è pronta ad uscire è proporzionale alla posizione raggiunta dalla mamma. Se è vicina alla porta, il figlio è l'ultimo ad uscire e viceversa. 
  • Quelle che prima sono andate a prendere l'altro fratellino (o sorellina) alla scuola materna e quindi hanno da badare anche al piccolino/a che sguscia, s'infila tra la gente e si perde. Queste mamme sono riconoscibili per il tono di voce alto, serio e severo: in genere non solo non vengono ascoltate ma vengono anche beffate dagli stessi figli. 

TIPOLOGIA 10. l'incrocio: la tipologia peggiore, in assoluto. Temuta dalle maestre e paventata dagli altri genitori. Ci sono le anticipatarie-sportive-polemiche, o le ansiose-sbarratrici. Ma quelle più allarmanti sono le primine (con figliolo piccolo a carico)-ritardatarie-ansiose. Alcuni genitori veterani raccontano leggende su questa tipologia, parlando a bassa voce pur di non farsi sentire da eventuali seguaci che potrebbero nascondersi ovunque.
Ne facciamo parte io e poche altre. 

Ora vado perchè sono già in ritardo: devo prendere Pietro, andare da Jacopo, e parlare con la maestra...


martedì 22 ottobre 2013

INDOVINA INDOVINELLO SECONDO PIETRO

Ultimamente ci capita, non avendo nulla di interessante da guardare in tv, di lasciare spento l'infernale aggeggio e di giocare a Indovina Indovinello. Osservare il gioco, è interessante per me perché mi aiuta a scoprire le diverse dinamiche che seguono i miei figli e da cui ho dedotto che, specie, Pietro ha una indole anarchica. Nonostante il gioco sia molto semplice, Pietro segue delle regole tutte sue che pratica inflessibile con meticolosa diligenza.
Ve le  illustro qui sotto.

1. Inizia lui che è il più divertente. Il fatto che il resto della famiglia rida alle sue spalle non gli importa. Si ride e questo gli basta per definirsi l'unico elemento di spasso in questa famiglia tediosa.

2. Non bisogna interromperlo mentre enuncia la filastrocca "Indovina, indovinello che animale ho nel cervello" perché se no ricomincia. Non valgono le risate, le occhiate furbette, le parole dette sottovoce. E non bisogna respirare troppo forte, se no ricomincia uguale.

3. Conosce pochi animali e se ne ricorda ancora meno quindi lui è l'unico autorizzato a cambiare animale in corsa. Se ad esempio, pensa la lucertola e la prima domanda di un giocatore è: quanto è grande? E la risposta risulta piccolo; la seconda domanda: è verde? Si, la risposta all'indovinello sarebbe naturale senonché, alla fine del gioco la bestia pensata è la pecora. Tocca arrendersi e farsi una risata.

4. Può succedere anche che Pietro si dimentichi l'animale pensato in origine e quindi il gioco si svolge, in breve, così: è piccolo? si, è verde? si, è la lucertola? ... NO. E dopo aver enumerato tutte le bestie di media e piccola taglia, comprese quelle estinte e quelle fantastiche, alla dichiarazione ci arrendiamo, la soluzione è "ma era facilissimo, la lucertola!". In questo caso bisogna fare attenzione che il figliolo grande, non ricorra alle mani per ricordargli che lui l'aveva detto subito che era la lucertola e che non cerchi di insegnargli le regole del gioco tirandogli pugni in testa (per inserire bene le regole nel cervello, mica per altro). 

5. Sempre a proposito del punto sopra, non solo conosce pochi animali ma ignora del tutto le loro abitudini. Le mucche vivono sul tetto, i somari volano e il velociratto vive tutt'ora e lo si può avvistare nelle foreste di Badia Prataglia.

6. Trascura le regole di base quindi non bisogna mai fargli la domanda giusta (che animale hai pensato?) se no lui angelico ti dice l'animale pensato, che in linea di massima è sempre il coccodrillo.

7. Quando non tocca a lui, in genere finita la filastrocca iniziale si arrende.

8. Se non si arrende non ascolta gli indizi.

9. Non ascoltando gli indizi, enumera oltre ai 4 o 5 animali che conosce, il tavolo, la sedia, il cuscino ed altri complementi d'arredo.

 10. Il gioco finisce quando il bambino crolla addormentato in qualche posizione di cui allego qualche fotografia.





Domenica scorsa, volendo variare un po' le nostre serate, mio marito ha deciso di insegnare ai bambini un nuovo gioco da fare a cena. Il gioco del se fosse.
Uno pensa ad una persona che si conosce tutti e gli altri giocatori facendo domande tipo se fosse un colore, o un cartone animato, o un mestiere o un animale che cosa sarebbe?  devono indovinare. 
Vi lascio immaginare cosa è venuto fuori. Pietro si è alienato pensando che di lì a poco gli sarebbe toccato accompagnare il fratello al bagno e Jacopo ha iniziato a polemizzare dicendo ma non è un animale, ma non è un colore, è una persona!
D'ora in avanti, temo, sarà opportuno tornare al gioco del vince quello che per 10 minuti non chiama né babbo né mamma!

martedì 15 ottobre 2013

L'AMORE AL TEMPO DEI BAMBINI



Che tutte le cose cambino con il passare del tempo, è chiaro a tutti ma mi sono resa conto come anche i tempi e i modi di vivere l'amore siano cambiati da quando ero piccina io. Francamente io, fino ad elementari finite, non ho avuto la facoltà di confessare in famiglia di avere una simpatia perché ero "troppo piccola per fidanzarmi". Dalle medie in poi, ho deciso che non era necessario confessare proprio tutto, in famiglia.

Ma oggi è diverso: Jacopo, per esempio, è "ufficialmente e felicemente fidanzato" con S. (non rivelo il nome per questioni di privacy). E' fidanzato in casa, nel senso che lei è venuta a casa nostra e lui a casa sua, luogo dove si sono scambiati una sorta di promessa regalandosi a vicenda, un dinosauro di gomma e promettendosi che da grandi avrebbero fatto i paleontologi insieme. Se questo non è un impegno, allora...Lei gli ha fatto sapere che si sbrigasse a decidere il giorno in cui sposarsi perché potrebbe avere degli impegni. Si sposeranno di lunedì, ma quando saranno grandi: mio figlio è un ragazzo assennato, non affretta le cose. 
Lei è molto, molto carina: bionda, occhioni da cerbiatto, ottima famiglia (per chi avesse conosciuto la mamma, può spiegarsi facilmente perché mio marito favorisca questo amore...). 

Torniamo, per un attimo, indietro ai tempi del secondo anno di scuola materna: a mio figlio non gli ci stava nessuna anche se, core de mamma, è tanto bellino anche con quella ruga perenne in mezzo alla fronte. Prima c'è stata la sbandata per A. boccoli biondi e occhi azzurri, davvero bella ma troppo grande per lui: un anno vuol dire a quell'età, e poi lei aveva la passione per Pietro in quanto bambolotto da prendere in collo e portare a casa. Poi c'è stata la D.: un amore anche lei ma, purtroppo, la prima vera delusione; alla domanda "mi ami?" (perché il mio è anche un ragazzo serio, non è uno da "un pomeriggio a giocare" e via!) il NO secco della bambina l'ha messo a tacere e con lui il desiderio di trovarsi una compagna. 
Nel frattempo, a detta di altre mamme, Jacopo ha spezzato qualche cuore: c'è stata la G. che ogni volta che lo vedeva lo metteva spalle al muro per riempirlo di baci, allontanata con l'asserzione "sei troppo piccina per me, ne devi fare di strada ancora". Poi c'è stata l'I. e la M. che, probabilmente per emulazione dell'altra, gli correvano dietro aiutando la G. perché lei potesse riempirlo di sbaciucchi.
Passa un anno e arriva Lei. O meglio, Lei c'era già ma io voglio immaginarmi il loro incontro così: pensate a una classe qualunque di una qualunque scuola materna, con i tavolini colorati, le seggioline piccole e 25 bambini che fanno chiasso e giocano. Lui disegna, Lei anche. Sono seduti a due tavoli diversi. Lui, che è chiamato l'Artista, perché disegna bene, si alza per andare dalla maestra a mostrare il suo piccolo capolavoro. Nel contempo butta un occhio sul foglio dell'altro individuo (che lui non ha ancora focalizzato come appartenente al suo universo, trattandosi di femmina, genere al quale ha deciso di disinteressarsi, almeno per ora). Guarda il disegno e vede che si tratta di un dinosauro dal collo lungo, colorato di rosa. Bellissimo. Poi lui guarda Lei e si accorge che non solo è una bambina ma è anche parecchio budina (termine coniato da Jacopo per definire una bella ragazza). "Che bel dinosauro!" "Anche il tuo" "Lo sai, che io a casa, ho un dinosauro enorme?" "Anch'io" "Ma tu cosa vuoi fare da grande"...Si scambiano le prime parole ed è subito amore. Galeotto fu, quindi, l'Apatosauro rosa.
Chi li ha visti ritrovarsi dopo le vacanze, racconta di lui che dice "C'è la S." e inizia a correre. "C'è Japoco", dice Lei, volando di corsa nel vialetto dei giardini, per finire in un lungo abbraccio pieno di baci e di carezze innocenti. 
Li ho visti parecchie volte anch'io e con la mamma della S. si sorride di questo amore infantile e ingenuo che però fa tanta tenerezza. Specie perché i due innamorati sono costretti a portarsi dietro la piccola palla al piede di pelo rosso che, non avendo ancora trovato la sua compagna, si incastra sempre nel mezzo. A guardarli c'è anche da ingelosirsi perché un amore così delicato non si può più provare, da adulti. 
A questo punto sorge spontanea una riflessione: ma chi ha detto che c'è un tempo per ogni cosa? Ma soprattutto, chi dice che i bambini di 5-6 anni sono troppo piccoli per provare dei sentimenti? 
Chi lo pensa è perché non ha mai assistito ad un bambino che NON da un bacio sulla bocca alla sua mamma, perché lui è già fidanzato. Non ha assistito alle prime risse con il compagno che vuole "rubargli" (senza speranza, oserei dire) la sua bella. Non ha mai assistito al pezzettino di cuore che entrambi hanno riservato per l'altro. 

Certo non mi aspetto di vederli all'altare: chissà quanti bambini prima e ragazzi poi, incontrerà la S. e quante compagne interessanti troverà Jacopo. Ma, a me, non mi toglierà mai nessuno l'immagine dolcissima di S. che tiene per mano Jacopo e Pietro, camminando sul vialetto dei giardini, in un caldo pomeriggio di fine estate.

venerdì 11 ottobre 2013

10 MOTIVI PER CUI TI MANDO A SCUOLA



Questi 10 punti sono stati scritti (e pubblicati su FaceBook) nei primi giorni di scuola del mio figlio maggiore Jacopo che ha iniziato l'avventura della scuola elementare. Ho sentito l'esigenza di scrivere dell'importanza della scuola, perchè ultimamente ho letto tanti post su blog privati, o articoli che inneggiano all'abbandono della scuola "classica" per una Homeschooling, la scuola fatta in casa. Sulla carta, non sarebbe poi un'idea malvagia, i bambini ne sarebbero entusiasti: niente sveglia presto, niente compiti, libertà totale, niente grembiuli, niente voti, niente permessi. Ma a me non piace. Dietro la sveglia, il grembiule, il permesso di fare qualcosa (per esempio la pipì), c'è sempre una motivazione che i bambini devono acquisire perchè gli servirà da grandi. E spesso chi grida (virtualmente s'intende) "No alla scuola, si alla libertà dell'individuo", ignora queste motivazioni o le fraintende. Il grembiulino, per esempio, che ho letto serve solo a omologarli e renderli tutti uguali magari serve solo a coprire la camicia della Guess del bambino ricco e la maglietta usata dai tre fratelli più grandi del bambino meno abbiente. E' vero, sono tutti uguali nel bene e nel male: si abitueranno ad emergere per la loro personalità e non per come si presentano (o più spesso come le mamme vogliono che i loro figli si presentino). Queste mamme alternative isolano i loro figli dalla massificazione, dal ruolo passivo dei ragazzi e dalla competitività che la scuola, a loro avviso, avrebbe come unico scopo insegnare. Dietro questi 10 punti (scritti per lo più per far ridere il mio bambino, che sa quello di cui sto parlando) si nasconde il valore e la responsabilità che IO conferisco alla scuola. Con questo, io come mamma e mio marito come babbo, non ce ne laviamo le mani: siamo corresponsabili dell'educazione di Jacopo e di Pietro perchè diventino dei ragazzi e degli adulti capaci di stare al mondo serenamente e senza troppe rinunce.

1) Perchè la mamma, da qui in avanti non è più in grado di insegnarti quello che è importante ed è più logico che lo faccia qualcuno con esperienza e dedizione.

2) Così passa su di te la responsabilità che tuo babbo ha messo sulle mie spalle fin'ora, di leggere quei 2500 libri (senza figure) che sono in casa (e che tuo babbo continua a comprare sperando di far uscire me, prima o poi).

3) Perchè mi piace tanto leggervi le favole alla sera, ma finalmente potrai presto aiutarmi anche tu: la voce dell'Orco nella fiaba di Pollicino ha bisogno di un timbro maschile. Indubbiamente mi riesce meglio la strega di Hansel e Gretel.

4) Che tu voglia fare il biologo marino, il medico, il dentista, il panaio o il contadino, la matematica e l'italiano sono fondamentali. Ti serviranno anche a ricordarmi di rimettere nel tuo fondo i soldi che ogni tanto ti tolgo quando il mio fondo Fashion è in rosso (e poi ti rimetto sotto minaccia del babbo).

5) Perchè la mamma e il babbo hanno sempre cercato di insegnarti quelli che pensano siano principi solidi ma ora, vivendo con altri bambini e adulti avrai più chiaro quello che fin'ora era solo teoria.

6) Perchè per essere davvero un individuo libero nel pensiero devi leggere, conoscere e sopratutto devi far venire fuori tutta quella curiosità che, fortunatamente hai preso da tuo babbo. Fatti sempre domande e impara a cercare le risposte.

7) Perchè in questa società ci sono tante cose che non vanno ma bisogna prima conoscerla bene, imparare le regole, rispettarle per riuscire a cambiare qualcosa.

8) Perchè per essere un vero POLEMICO bisogna conoscere bene l'argomento che si polemizza: tu hai bene chiaro in testa il tono di voce, "l'assetto facciale" e la postura, ma ancora ti mancano gli argomenti. Potrai esercitarti con me, non preoccuparti. Sarò un degno avversario!

9) Perchè non ti farai più fregare da tuo babbo quando ti racconterà che il gatto schiacciato dall'auto si era solo truccato per la sagra del gatto morto. Potrai leggere i cartelli per la strada e vedere che lì intorno c'è solo la sagra della ranocchia o del cinghiale.

10) Perchè ci siamo andati tutti a scuola: è un percorso emozionante, ricco di stimoli e necessario per diventare tutto quello che vuoi diventare. Pensa che c'è qualcuno a cui viene addirittura voglia di farlo per mestiere. Di insegnare con passione, intendo. Io qualcuno l'ho incontrato sulla mia strada e ancora lo ricordo perchè mi ha insegnato a diventare la donna che sono. Ti auguro di incontrarne almeno uno/a.

E ora alzati, vai, che siamo già in ritardo.

giovedì 10 ottobre 2013

10 OTTIMI MOTIVI PER NON FARE UNA FESTA DI COMPLEANNO FAI DA TE



1) LE CIBARIE
40 schiacciatine con mortadella, 40 con prosciutto cotto, 30 con salame, 101 pizzette, 70 salatini con wurstel, 64 con olive, 58 tartine con patè di olive, 58 con crema ai carciofini, 38 panini dolci con Nutella, 80 pezzi di torta al limone con crema al limone per 25 bambini e 26 adulti. Il tutto rigorosamente fatto in casa. Non sto dando i numeri anche se questi numeri mi hanno dato alla testa.









2) I PALLONCINI
30 palloncini a cuore rossi gonfiati (con la pompetta) aiutata da mia mamma che li ha legati con il sottofondo delle mie imprecazioni. Penso di aver tirato giù tutto il corollario dei santi conosciuti.
CONSIGLIO: Non comprate mai i palloncini a cuore della Coop, perchè rischiate di incastrarvi un dito che assumerà nel giro di qualche secondo, un colorito bluastro, che non va di moda. Almeno quest'anno. Se decidete comunque di fare di testa vostra e poi, vostro figlio (come ha fatto il mio) vi dirà che i palloncini a cuore sono da femmina e voi li avete pagati 3.50 € a pacco dove ce ne sono 10, pensando di fargli cosa gradita, mi penserete inventando qualche imprecazione nuova di zecca.
3) I GIOCHI
150 caramelline e cioccolatini e 30 marionette da dito confezionati in 30 bustine e sistemati in un bustone mischiati con palline di carta di riciclo. Il gioco consisteva nell'arrivare il più velocemente possibile, 4 alla volta, con un cucchiaio in bocca e trasportando una pallina (dentro il cucchiaio), al bustone e cercare la sorpresa. A nulla è valso dire ai bambini che nessuno vince e nessuno perde, e la sorpresa c'è per tutti. Non appena il primo bambino ha tirato fuori il pacchettino, si è scatenato l'inferno. Sono stata risucchiata da 25 bambini e bersagliata dalle palline di carta, mentre mio marito osservava compiaciuto che era meglio lasciarli giocare a calcio nel campino.


4) I TRUCCHI
Piacevole e divertente per me. Mi piace farlo e mi piace vedere i bambini contenti quando si guardano allo specchio. La parte divertente è sentire i bambini da cosa vogliono essere truccati. I più popolari alla festa sono stati: pirata, farfalla, arcobaleno, il cucciolo della carica dei 101, uomo con occhiali e baffi, principessa. Mi è stato chiesto l'ippopotamo, lo squalo, il dinosauro, Biancaneve. Per la prossima festa mi eserciterò nel pitturare la Gioconda, anche se prima o poi Jacopo lo voglio truccare da Urlo di Munch.

5) IL CORTILE
Nella stanza che abbiamo affittato, c'è un grosso cortile, un giardino e un campo di calcio. Pietro a metà festa si è incastrato tra i rami di una pianta. Devo fare le mie rimostranze alla scuola materna che non insegna ai bambini di città a sopravvivere alle natura incontaminata e alle piante che, non solo vanno addosso ai bambini ma li inglobano anche, cercando di mangiarseli. Mica posso fare tutto io, ci pensassero un po' loro.

6) I REGALI
Per consolare il bambino redivivo, sopravvissuto allo scampato pericolo della pianta, e forte dell'esperienza di altre feste, dico ai bambini di sedersi tutti per terra, e ogni bambino uno per volta, può dare il suo regalino al festeggiato. Il risultato è stato simile al punto 3. Comunque tanti bei regalini, azzeccati e apprezzati.

7) LA TORTA
5 Kg, due strati di pan di spagna farcita con crema chantilly, ricoperta di cioccolato, con qualche fiorellino di zucchero azzurro e la cialda di Spiderman, ordinata alla Coop. Al richiamo "ora c'è la torta" 25 bambini di 4,5 e 6 anni si affollano intorno al tavolino soffocando i povero Pietro e scardinando la scatola. Una volta estratta la torta dalla confezione e dopo l'OHHHHH di rito è partita l'asta al "Io voglio". A posteriori avrei dovuto far mettere un prato di fiori azzurri, uno Spiderman con tre teste, 8 braccia e 5 moto. Solo una bimba (una delle amichette di Pietro tra le mie preferite) mi ha detto "mi dai un pezzo di torta senza niente?". In ogni caso tutti e 25 hanno messo almeno un dito nella torta prima di avere la loro fetta.

8) LO SPUMANTE
2 bottiglie di spumante secco e uno dolce, per gli adulti. Lasciato nel frigo a rinfrescare fino alla fine della festa e riportato a casa ancora chiuso.

9) I COMMENTI
Le mamme: una volta posato il coltello con cui ho tagliato la torta, hanno riniziato a respirare e hanno detto "tutto buono". E' piaciuta l'idea dei cestini dove ho posizionato le cibarie e il sacchettino con le caramelle. Qualcuna mi ha dato dell'artista per i trucchi. Un mamma mi ha persino detto "Complimenti per la pazienza". Credo fosse una presa per il culo.
Il suocero: "Raffaella è troppo nervosa".
Il marito: (in riferimento alle 25 dita nella torta) "fosse stato per avrebbero potuto mangiare la torta con le mani".
Mia mamma: "Certo non si può dire che tu sia stata un budda, ma sfido chiunque con quel casino".

10) CONCLUSIONI:

  • Non sono fatta per gestire più di due bambini alla volta e spesso e volentieri non riesco neanche a gestire i miei che, peraltro, sono due. 
  • Quello che si può permettere a tre bambini non si può permettere a 25. 
  • Ho scoperto da chi Jacopo ha preso la vena drammatica che adotta ogni qualvolta si trova in difficoltà. Da me, naturalmente.


Comunque la festa è andata bene, le mamme e i babbi hanno portato via i loro figlioli incolumi (con un palloncino a cuore a testa nonostante fossero quasi tutti maschi), Pietro è stato contento, Jacopo si è impossessato del flipper regalato al festeggiato da un amichetto promettendo a Pietro che qualche volta l'avrebbe fatto giocare e io mi sono portata a casa un grandioso mal di testa e la convinzione che la prossima festa si farà quando si sposeranno.
co-co-mamma