martedì 5 luglio 2016

LA CASA NEL SOLE

C'è una casa immersa nel giallo delle canne secche, degli alberi  asciugati dal sole e della terra brulla. C'è un pozzo con un lavatoio di pietra nel cortile dietro, un orticello e qualche cane da caccia legato fuori con una ciotola di acqua fresca. Fa caldo ma di quel caldo secco che fa quasi piacere. C'è silenzio a quest'ora: verso le due dopo pranzo si sentono solo le cicale che cantano, urlano forte il loro primo e unico agosto. C'è un cancello arancione che apre al cortile davanti ma l'unica macchina presente è quella dello zio Marco. Noi con la macchina, saliamo per la stradina sulla sinistra che fa il giro intorno alla casa e arriva sul retro. Dove c'è il pozzo. Dentro casa c'è la zia Chiara la moglie di Marco con la sua lunghissima treccia puntata in una crocchia perfetta, la zia Savina sua sorella e tutte e due sorelle di mio nonno Silvio, quindi zie di mio babbo ma io le chiamo zie, perché sono mie e io sono loro più di quanto lo dice il sangue. E poi c'è Stefano, il fratello che non ho mai avuto, figlio di Chiara e Marco, poco più grande di me, grandi occhi nocciola, pelle scura da indios e pazienza da vendere a sacchi. Adora i trattori infatti tutti gli anni mia mamma che lavora nel posto dove li producono, gli porta in regalo un modellino sempre diverso. Dentro casa c'è una grossa cucina, un camino spento e una capanna di asciugamani e canovacci sistemati sullo stendibiancheria nel sottoscala costruita da me e Stefano dove andiamo a rifugiarci per raccontarci qualche segreto. C'è una scala con un fenicottero rosa impagliato davanti alla camera da letto degli zii dove non entro mai perché mamma me lo ha proibito. Da sempre. Sotto c'è la camera dove dormiamo noi. Fa caldo il pomeriggio ma sono obbligata a fare un riposino. Io però non vedo l'ora di potermi alzare e andare a giocare con Stefano. Le zie sono nel cortile davanti sedute sotto il mandorlo. Zia Savina, quella che mi abbraccia sempre e dalla quale mi faccio volentieri avvolgere dalle lunghe gonne, sotto gonne e grembiuli, ha sempre in tasca qualcosa: qualche pera che di così piccole non ne ho mai viste, qualche mandorla, un pezzo di pane, un grappolino d'uva... Sono lì fuori all'ombra e si dividono quella perina aspettando di mettersi in moto per la cena. Fuori sulla sinistra della casa c'è un piccolo forno dove le zie fanno il pane, c'è la piccionaia dove vivono gli uccelli che ogni tanto le zie usano per fare il brodo. Io non mangio il piccione, mi fa un po' senso ma il brodo è squisito. Dentro casa c'è un fresco che non sembra neanche la stessa stagione. Lo zio Marco torna dalla caccia soddisfatto con qualche pernice legata alla cintura, un cappellino con la visiera verde, pantaloni militari e una camicia beige. Si fa fotografare da mio babbo e quella foto rimarrà impressa nella mia memoria a vita. Ci sono dopocena di Mercante in fiera con le cugine Maria Grazia e Elisabetta che adoro, dopo la scorpacciata di cocomero e serate a frescheggiare nel cortile sotto le stelle a sentire i racconti di paura dello zio Marco (racconti che finiscono sempre in una risata per via delle spiegazioni scientifiche dello zio intorno alla natura soprannaturale degli eventi) e il verso incessante dei grilli, mentre le zie recitano le preghiere per allontanare diavoli e spiriti dalla casa e dai bambini. Ci sono pomeriggi di passeggiate a prendere i fichi d'india e a trovare lo zio Gino che è rimasto vedovo da poco ma non si abbatte, mi intaglia un piffero in una canna e suona una melodia straordinaria prima di regalarmelo: da casa sua viene fuori il profumo della campagna e del formaggio. Lui è adorabile con il suo gilet e le sue mani antiche e abili. Ci sono mattine di mare limpido e turchino, di sabbia bianca e fine, di pinete fresche e profumate. Sulla lunga strada per il mare ci sono i racconti di mio babbo, di quando era piccino e sentendo i profumi e gli odori della sua terra i ricordi vengono giù come una valanga. Un po' come a me ora. Dopo 22 anni torno nella mia amata Sardegna. Lo zio Marco, la zia Chiara e la zia Savina non ci sono più ma mi rimane indelebile il ricordo di loro giovani eppure con la pelle segnata dal sole e dalla vita. Tante cose saranno cambiate, invecchiate, magari distrutte ma le foto che ho nella mia memoria, quelle no, sono ancora lucide, colorate di quei colori che nessun filtro di nessuna macchina fotografica riesce a riprodurre. Finalmente ritorno.

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