martedì 26 novembre 2013

MIRACOLI

Ieri è successa una cosa incredibile. Stupefacente. Un miracolo.

  • Più sorprendente di un caffè portato a letto la domenica mattina.
  • Più piacevole di un massaggio alla schiena fatto ammodino. (Il massaggiatore non deve essere necessariamente thailandese).
  • Più miracoloso di una vincita al Superenalotto, senza giocare.
  • Più emozionante di un film lacrimoso, di quelli che dopo ti tocca dire che hai l'allergia perché hai pianto come un vitello.
  • Più impensato di un complimento fatto da chi non avresti mai detto.
  • Più surreale di una cena a base di crostacei con i tre uomini della mia vita: mio marito, Bobo Rondelli e Christian Bale. Non necessariamente vestito da Batman.
  • Più soddisfacente di una bella bevuta quando hai sete, di una bella mangiata quando hai fame, di una bella grattata quando l'elastico delle calze stringe troppo.
  • Più singolare di un'oca selvatica sul davanzale di una finestra. O di mio marito che piega i suoi vestiti invece che appallottolarli. O dei miei figli che dicono si al primo colpo.
  • Più sconcertante di una giornata passata senza che debba innervosirmi per qualcosa.
  • Un po' meno incredibile di me che, girando velocemente, mi trasformo in Wonder Woman.


JACOPO MI HA CHIESTO SCUSA

No. Non so se è chiaro. Lo ripeto nel caso non sia stato recepito per bene. 

JACOPO MI HA CHIESTO SCUSA: ma non quelle scuse tipo scusa, ti ho pestato il piede, o scusa, mi passi l'acqua? oppure ...e però ce l'avevo io Capitan America, scusa...
Sto parlando di vere, sentite e meditate scuse. Penso che sia la prima volta in 6 anni da quando la creatura è stata messa al mondo.

In casa mia si usano tre tipi di scuse: io e Jacopo utilizziamo le intercalascuse. In quanto polemici e battaglieri siamo sempre convinti di essere nel giusto quindi usiamo il termine al posto di cioè o voglio dire o niente. Pietro (più piccino, gracile, capello rosso, occhi d'angelo e fossette equivalente al Io non ho fatto niente, ero nell'altra stanza!) in genere è la causa scatenante, il principio primo delle risse per cui spesso succede così: Pietro istiga, Jacopo gliele dà per benino, io becco Jacopo e lo costringo a chiedere scusa. Chiamasi scuse intimidatorie. Esistono poi le scuse irreperibili: è il caso di mio marito Luca che non chiede mai scusa, anche perché è noto che lui ha SEMPRE ragione.

Insomma, ieri è successo che Jacopo forte del sostegno del suo amichetto, mi ha detto sfrontato Se mi dai ancora quei biscotti al cioccolato per merenda te li spiaccico in faccia! Tramortita (ed è difficile tramortire una come me) da tanta arroganza, l'ho solo guardato con l'occhio da Bambi quando scopre che la mamma è stata uccisa dal cacciatore. Io, che gli stavo pulendo le scarpe di calcio sotto l'acqua gelida, sono rimasta immobile per 10 secondi, dopo di che incredula sono tornata a fare quello che stavo facendo. E forse questa è stata la mia fortuna perché il teppistello ha capito di aver esagerato, stavolta.
Passa il pomeriggio, la cena e viene l'ora di andare a letto; bacio, buonanotte e a domani. Dopo 10 minuti, Jacopo torna con le lacrime agli occhi, mi abbraccia e mi chiede SCUSA. 
Per cosa, amore? 
Per quello che ti ho detto prima...

E' proprio vero, le scuse sono come i ti amo: se se ne abusa, se ne perde il significato reale e diventano parole come altre. 
Comunque ieri sera sono andata a letto conscia che mio figlio è cresciuto un po' e ha colorato un gradino della scala secondo cui, personalmente, giudico un uomo. Ha colorato il gradino della sensibilità. Bravo cocco!

martedì 19 novembre 2013

JACOPO E DIO. LA RELIGIONE DAL PUNTO DI VISTA DEL MIO BAMBINO

Recentemente ci siamo trovati ad affrontare nuovamente il discorso della morte, che di per sé non è un discorso allegro a meno che non sia Halloween. Se poi lo si affronta con un bambino contestatore com'è Jacopo c'è da stare attenti alla propria salute mentale.
Dicevo...l'annuncio della dipartita di una persona (che il bimbo peraltro neanche conosceva) dopo una lunga malattia l'ha sconvolto: a tavola ha intimato suo babbo di trovare la cura per questa malattia, e anche presto. A nulla è valso ricordare al bambino che suo babbo fa le fotocopie in biblioteca. Tra le lacrime di rabbia Jacopo continuava a osservare Ma babbo tu sai un monte di cose...
La fine della discussione è stata decretata dalla frase: Non è giusto che Dio fa morire tutti e lui invece continua a vivere, frase già considerata più volte e sancita tra minacce di accoltellamento a Dio e torture varie al fine di far concedere a tutto il genere umano, l'immortalità.
E' chiaro, a questo punto, che mio figlio ha visto troppi film d'azione. 

Sebbene non si sia molto religiosi, io e mio marito ci siamo sposati in chiesa, abbiamo battezzato i nostri figli e sia Jacopo che Pietro frequentano l'ora di religione a scuola. La nostra idea era di dargli un'impostazione non troppo inflessibile che poi potessero, da adulti, decidere se mantenere o lasciare. 
Ci era oscuro, all'epoca di questa decisione, che avremmo avuto un figliolo pungente e polemico anche con l'Altissimo. 
E che avrei dovuto intercedere presso l'Onnipotente, più volte di quante immaginassi, per invitare i suddetto a non fare caso alle cose che spara il bimbino, che dice un sacco di bischerate e che: no, non le ha sentite da noi, è tutta farina del suo sacco!

Alcune sono anche carine tipo l'altro giorno che voleva portare il Creatore a giocare a calcio con lui, ma non per fare goal. Così, da stare in panchina a guardarlo. Babbo, Dio è dappertutto, vero? E' anche in questa bottiglia, vero? Quindi posso portarLo all'allenamento di calcio per guardarmi, vero?
O quando (prima che il suo mondo fosse tutto incentrato sul calcio) ci chiedeva ma è più forte il leone o la tigre? fino ad arrivare al è più forte Dio o lo squalo toro? immaginandosi l'Eterno con una bella tuta da supereroe...

C'è da chiedersi, però, che cosa medita il suo cervellino quando viaggia a cento all'ora perché, mentre certi argomenti una volta fatta la domanda e ottenuto una risposta vengono sistemati in un cassettino della memoria e lasciati lì ad invecchiare, l'argomento Dio, Gesù, Giuseppe (Beppe come Jacopo lo chiamava da piccino) e la Madonna sono ricorrenti. Ogni tanto, quando nessuno se lo aspetta tornano fuori. Come l'aglio della bagna cauda. 
E lasciano spiazzati non solo noi, ma anche chi per mestiere dovrebbe saper rispondere alle divine domande.
Come quando, trovandoci a mangiare nello stesso locale dove stava serenamente cenando anche il prete che ci ha sposati, Jacopo lo avvista, si alza, gli batte con la mano sulla spalla e gli dice Don Francesco, a me non mi torna che tutti muoiono, anche i bambini, anche i genitori e Dio vive per sempre!
Il povero Don Francesco col boccone in bocca e la pizza in mano, finisce di masticare (lentamente, per prendere tempo) e gli dice Ma no, ma no, nessuno muore perché chi crede in Dio risorge e vive per sempre!
Sieee, gli risponde lui, e allora i cimiteri a che cosa servono?
Don Francesco lo guarda, ci guarda. Noi lo guardiamo impotenti con l'espressione del scusa, non abbiamo fatto in tempo a fermarlo e ora son cazzi!
Il cimitero serve a seppellire il corpo ma l'anima vive per sempre...gli dice il prete con voce cauta. Silenzio. Quindi vorresti dirmi che mio zio Paolo* è ancora vivo, vero? gli risponde il bimbo sospettoso e diffidente.
La conversazione finisce con Don Francesco che ci dice Intelligente il bambino pensando fatelo vedere da uno bravo, però, che a 5 anni non ci si può fare 'ste seghe mentali!

In conclusione, visto che nessuno è in grado di rispondere alle celesti domande, e che a Jacopo forse non interessano neanche le nostre opinioni, mi piace che mio figlio continui a credere a Babbo Natale, alla fata Dentolina, che immagini Dio come il più forte dei Supereroi e il paradiso come un immenso campo di calcio dove tutti giocano contro tutti e la partita finisce con un grande pic-nic con panini al prosciutto e mortadella!
Spero solo che l'Eterna partita la giochi il più tardi possibile.


*nota: Paolo fratello del nonno di Jacopo e zio di Luca scomparso 2 anni fa


martedì 12 novembre 2013

COSA PENSO QUANDO PARLO DI CALCIO

Per me:
  • Quando in famiglia si parla di calcio, mi eclisso, le mie sinapsi si rilassano e il mio cervello è come un piccolo appezzamento di prato verde in cui pascolano un paio di mucche.
  • Gomez è solo il marito di Morticia Addams anche se visto a torso nudo, Mario ha il suo perchè. Anche senza i baffetti.
  • Calcio d'angolo, punizione e fuori gioco hanno un solo significato: far volare fuori dalla finestra un gioco (sul mio balcone) per punire uno dei miei due figlioli per aver dato un calcio all'altro a conclusione di una litigata.
  • Le uniche regole del calcio che conosco sono che ci sono due squadre avversarie composte da 11 giocatori (se sia compreso anche il portiere è ancora da appurare) che devono tirare una palla nella porta della squadra rivale. Quale che sia la porta dell'una o dell'altra squadra mi è oscuro. Per rendere più difficile l'apprendimento, le porte cambiano tra un tempo e l'altro. Al che, le mucche nel mio cervello ricominciano a brucare.
  • Coppa Italia, Coppa dei Campioni, Coppa UEFA, Coppa delle Coppe sono solo oggetti un po' kitsch da spolverare. Dove vengano conservate le Coppe vinte dalle varie squadre non mi è noto: non mi interessa, basta che non le debba spolverare io.
  • La mia fede per la squadra viola riconosce attualmente i seguenti personaggi: Prandelli, Montella, Luca Toni, Mario Gomez. Questo la dice lunga sui criteri da me utilizzati per giudicare un giocatore o un allenatore. Se mio figlio mi chiede Chi preferisci tra Tizio e Caio? io rispondo sempre Gomez che così non sbaglio.
  • Sono inguardabili le divise specialmente le tute: mi ricordano tanto quelle che andavano di moda negli anni 80. Ne avevo una, che mia mamma conserva gelosamente in un cassetto in mansarda, in acetato verde acido. Quella che si è fatta regalare Pietro per il compleanno cambia solo nel colore.
  • Come diceva la mia povera nonna, è assurdo che con tutti i soldi che hanno i calciatori debbano litigare per una palla quando potrebbero comprarne una per uno.
  • Fanno ridere quelli che si lamentano (giustamente) dei politici che rubano i soldi a noi cittadini ma il calcio non si tocca. Sul fatto che Gomez, Totti, Buffon o Palacio guadagnino uno stonfo all'anno, non hanno niente da dire perchè tanto quei soldi sono tutti meritati!
  • Trovo francamente insopportabili quelli che: "Come ti chiami?" "Raffaella" "Ah! Come la Carrà! E di dove sei?" "Di Torino" "Quindi sei della Juve!". No. Non. Sono. Della. Juve. Non capisco niente di calcio ma l'antipatia nei confronti di quella squadra mi seguirà fin nella tomba.

Detto questo, Jacopo da una settimana va a fare la prova di calcio. Alla fine ho dovuto cedere mettendo da parte il mio disinteresse per questo sport e il mio egoismo. Dovevo immaginare che prima o poi sarebbe successo. Il primo sospetto avrebbe dovuto venirmi quando la famiglia Battisti (babbo, nonno e zio) hanno iniziato a regalare al bimbo palle di tutte le misure e di tutti i materiali. A nulla è valso ritirare di nascosto le suddette palle in posti diversi nella casa. Ne spuntava fuori una nuova, sicuramente più adatta a giocare in sala.
Il secondo sospetto avrebbe dovuto venirmi quando mio marito è arrivato tutto fiero a dirmi "Senti tuo figlio cosa dice?". Il mio sorriso affettuoso si è congelato a sentire Jacopo (due anni appena) berciare Forza Fiore, Juve merda!
Ma io sono dura di comprendonio. Non ho colto i messaggi. 
Quando la mia amica I. mi ha detto che suo figlio G. (migliore amico di Jacopo dai tempi della materna) si era iscritto alla scuola di calcio, mi sono vista tutto d'un tratto come ero ieri pomeriggio: fuori, al freddo, sotto la pioggia ad accompagnare e aspettare il bimbo a calcio.
Devo dire che vederlo felice giocare con il suo K-Way viola, i pantaloncini e i calzettoni mi tira un po' su il morale. Devo solo superare l'idea che gli verrà la broncopolmonite, il cagotto o la febbre a 40 e poi è fatta.
Quello che non mi andrà mai giù è che mio figlio riesce a camminare sui tacchetti e io no!

mercoledì 6 novembre 2013

CHI NON LA FA IN COMPAGNIA O E' UN LADRO O E' PIETRO!

La si può chiamare in tanti modi. Dal più scientifico feci, al più infantile popò, passando da sterco, a escremento o dal più volgare merda. Ma la cacca la fanno tutti: Brad Pitt, la sua bellissima moglie Angelina, la regina d'Inghilterra, la ex first lady francese Carla Bruni, il mio temutissimo ex professore di filosofia. Insomma tutti.
C'è chi la fa leggendo un giornale, chi la fa fumando una sigaretta per coprire l'odore, c'è chi non ha bisogno della cicca perché i suoi funzionalissimi villi intestinali gliela fanno fare inodore. C'è chi suona la chitarra o ne approfitta per mangiare un panino. C'è chi si spoglia integralmente prima di sedersi sul wc o chi non si sveste affatto e la fa nel pannolone. C'è chi è costretto a farla con i figli intorno anche se vorrebbe avere un attimo di privacy almeno sulla tazza e c'è chi per farla ha bisogno di compagnia. Questo è il caso del mio figliolo grande, Jacopo.

La scena che si svolge, più o meno tutte le sere è questa: dopo cena i bambini per allietarci la serata si alzano da tavola, portano i giochi in cucina e iniziano a fare caos affinché non si riesca a sentire quello che passa la televisione o ci impedisca di scambiare giusto due parole.
Ad un certo punto Jacopo si eclissa, si nasconde in un angolo e s'infila la mano nei calzoni, tra le meline. Lui dice che gli è necessario per spingere la cacca indietro.
Quello è il segnale. Se Pietro è seduto a tavola o più facilmente sotto la tavola e lo vede, capisce. Sa che da lì ad un minuto gli toccherà sentire la frase Pietro vieni a farmi compagnia?
Se il concetto è sempre quello, l'asserzione può essere imperativa: Pietro, accompagnami in bagno. Senza se e senza ma. Non è previsto un rifiuto.
Oppure minacciosa: Pietro se non mi accompagni in bagno (poi segue un ti prendo il tale gioco, o dico alla mamma la tale cosa, o non ti faccio giocare a...).
O prevede un patto: Se vieni con me, dopo ti do quella cosa (che può essere un Fruttolo o un gioco)

Se Pietro dice che non ne ha voglia, Jacopo inizia a piagnucolare (sempre con la mano tra le meline) che Non è giusto, io ti accompagno sempre (cosa chiaramente non vera, perché tra i pregi di Pietro c'è che lui va, si siede, produce e grida Fatto! nel giro di 30 secondi netti senza bisogno di grandi corteggiamenti). E' comunque successo solo una volta, che il rosso non avesse voglia di accompagnarlo.
Più spesso li si vede uscire dalla cucina abbracciati o per mano diretti verso il bagno.
A volte è capitato anche che, facendosi lunga la discussione se andare o no, Jacopo sia stato costretto a correre con Pietro a ruota. 

Sarei curiosa di sapere cosa si dicono i due bambini, perché mi è successo di passare davanti alla porta del gabinetto e vedere Pietro che gioca in silenzio con il suo spazzolino di Ben 10 e Jacopo aggrappato al lavandino, tutto rosso in viso e le vene del collo come corde a partorire uno stronzo da guinnes.
Mi sono anche sentita dire Lasciami solo e chiudi la porta!

Questo, chiaramente, succede quando ancora i grandi sono a tavola quindi allo strillo Fatto! parte un gioco di sguardi tra me e mio marito per capire a chi tocca andare a pulire. Tocca a chi non ha niente nel piatto, oppure ha qualcosa che non si raffredda. Quasi sempre a mio marito, devo dire. 
Spesso e volentieri mentre il genitore fortunato fa il bidè al bambino cacato, l'altro ne approfitta e si siede: 30 secondi, giusto il tempo di asciugare il grande che c'è da lavare anche il piccolo. Un solo sciacquone e via.

Sia io che mio marito siamo stati sempre piuttosto pudici sulla questione ma questo non ci ha impedito, in sede di procreazione, di inserire nel DNA dei nostri figli un sensore che permette loro di captare quando la porta del bagno viene chiusa a chiave e di venire a bussare con una scusa qualsiasi. Si passa dal Mi scappa la pipì forte o Se non mi tiri giù il galeone dei Playmobil ora, muoio, o Devo farti assolutamente vedere questo disegno.

Guccini diceva  Ovvio, il medico dice "sei depresso", nemmeno dentro il cesso possiedo un mio momento. Mai frase fu più azzeccata per concludere questo inutile discorso garantendo che Pietro è l'unico in famiglia che riesce a svolgere i suoi bisogni corporali, in solitudine. Beato lui.

Mentre canticchio la canzone, medito se sia il caso di rivedere la mia posizione su quale sia la stanza più vissuta della mia casa...